Libro di Prem Shunyo
Sesso e morte
Mi è sempre suonata strana la definizione di Osho come ‘il guru del sesso’; di certo coloro che lo vedono così non hanno mai letto o ascoltato ciò che Osho aveva da dire sul sesso. Lui non lo ha mai condannato, a differenza dei leader religiosi, e questo mi sembra l’unico motivo per cui sia stato criticato e bollato in questo modo.
Quando sfoglio giornali e riviste, mi sembra che il mondo sia ossessionato dal sesso: usare la parola sesso nei titoli di un giornale è un’ovvia garanzia di successo.
In realtà, esiste una linea molto sottile tra licenziosità ed espressione delle energie naturali nella loro totalità: Osho ha avuto semplicemente il coraggio di guidare la sua gente lungo questa linea sottile.
Il lavoro di Osho, per aiutarci nel cammino verso l’illuminazione, implica una sessualità vissuta come naturale, ma la sua enfasi è sempre stata sulla trascendenza di quell’energia. Certo, la trascendenza non può nascere in una mente repressa, quindi l’espressione deve essere il primo passo. Semplice e vero! “…Con la meditazione aprirete soglie nuove e più elevate della vostra consapevolezza, il vostro superconscio. L’energia ha sempre bisogno di movimento, non può rimanere statica. E queste nuove dimensioni saranno incantevoli.
Avete sperimentato l’area sessuale; andava bene per quanto riguarda la
biologia, ma è un’esperienza ordinaria, comune agli animali, agli uomini e agli uccelli. Non era niente di speciale, niente di unico. Ma, se la
meditazione si muove verso la super-consapevolezza, e l’energia è disponibile, quell’energia si muoverà automaticamente attraverso quel
nuovo canale che si è aperto. Questo è ciò che intendo per trasformazione.”
(da The Trasmission of the Lamp)
In quanto occidentale, sono stata condizionata dall’idea che quando il
sesso sparisce è la fine.
Osho ha cercato di spiegarci che in Oriente il concetto
è totalmente diverso. “In Oriente, quando il sesso sta per sparire, è
un momento da festeggiare, mentre in Occidente è una calamità.
”
Ciò che accade in modo naturale è questo: un giorno l’impulso sessuale
scompare, e rimangono giocosità e leggerezza rispetto al sesso. Non ci si
sentirà più spinti da una cieca febbre verso qualcuno… è meraviglios o
pensare che un giorno sarà possibile essere liberi di scegliere se giocare
o meno. E spero che questo accada prima che il corpo sia sfiancato e l’energia sessuale diventi cerebrale. Penso sia possibile.
A Kathmandu, feci questa domanda a Osho e la risposta è talmente affascinante
che la riporto per intero:
“Amato Maestro, nelle ultime settimane ho avvertito una profonda
connessione tra il sesso e la morte. È necessario che ne comprenda il
perché?”.
La risposta di Osho:
“È sempre necessario capire come funziona la tua mente, come va il tuo
cuore, cosa accade nel tuo mondo interiore. Provare a capirlo ti farà prendere
distanza da quelle cose, e la consapevolezza che quelle cose esistono,
ma tu non ne sei identificata. Questa è la grande alchimia della comprensione.
Cerca di comprendere qualsiasi cosa dentro te stessa. Nel
momento stesso in cui cerchi di comprendere qualcosa, te ne distacchi,
diventa un oggetto. Tu non puoi mai diventare un oggetto, sei sempre il
soggetto; non è possibile cambiare la tua soggettività in un oggetto. Per
cui, questo crea una buona distanza fra te e le tue sensazioni, qualsiasi
esse siano. Questa è la prima cosa.
La seconda: questa distanza ti darà la possibilità di capire ciò che ti sta
succedendo. Nulla accade senza una causa. E talvolta ci sono principi
davvero essenziali. Per esempio, questa domanda è una delle più essenziali:
la connessione fra sesso e morte. Se riesci a vederla con chiarezza,
lentamente la distanza fra sesso e morte sparirà e diventeranno pressoché
una sola energia.
Forse il sesso è morte a rate,
e la morte è sesso all’ingrosso.
Ma esiste certamente un’energia che si muove su entrambi i fronti. Il
sesso è l’inizio della vita e la morte è la fine della stessa vita: per cui,
sono le due estremità di un’energia, due poli di un’energia. Non possono
essere disgiunti.
Il legame tra la morte e il sesso mi fa venire in mente un ragno che vive
in Africa, per il quale la morte e il sesso sono molto vicini. Nell’uomo
vi è una distanza di settanta, ottant’anni, ma in quella particolare specie
di ragno, non vi è distanza. Il ragno maschio fa l’amore solo una
volta nella vita. Mentre sta facendo l’amore, nel momento in cui arriva
all’orgasmo, la femmina inizia a divorarlo. Ma lui è in uno stato di tale
euforia, che non gli importa di venire divorato. Quando il suo orgasmo
è finito, è finito anche lui.
La morte e il sesso sono vicinissimi…ma che siano vicini o distanti, non
sono energie diverse. Pertanto è possibile sentirle arrivare insieme. È ottimo
vederle insieme, è una profonda comprensione, che la gente normalmente
non vede. La gente è quasi cieca, non collega mai il sesso con la
morte. Forse una paura inconscia impedisce di collegarli, perché se incominciasse
a collegare il sesso alla morte, potrebbe iniziare ad avere paura
del sesso – e questo sarebbe pericoloso per i fini biologici. Per la biologia
è meglio che non si veda il legame.
È stato notato che, ogni volta che qualcuno viene decapitato – ci sono
paesi in cui questo succede ancora – accade uno strano fenomeno: nel
momento in cui l’uomo viene decapitato, ha un’eiaculazione, senza
eccezioni. È strano, gli stanno tagliando la testa… è forse questo il
momento di eiaculare? Ma è incontrollabile. Quando sta arrivando la
morte, quando la vita lo sta lasciando, è naturale che anche la sua energia
sessuale se ne vada. Era parte dell’intero fenomeno; non ha senso
che rimanga nel corpo.
La domanda è significativa. Non vuol dire che stai per morire. Indica
semplicemente che la tua energia sessuale sta arrivando alla sua vetta
più alta; quindi senti anche la morte. Non la sentiresti se lasciassi scorrere
la tua energia sessuale.
Chiunque ha fatto questa domanda, non sta facendo l’amore. L’energia si
sta accumulando e arrivando a una tale intensità, che il ricordo della morte
diventa automatico. La morte, se vissuta consciamente, vi porterà il più
grande orgasmo della vostra vita.
A proposito, la donna vive più a lungo dell’uomo, è più sana dell’uomo,
è più resistente alle malattie, non diventa pazza così facilmente come l’uomo, non si suicida così facilmente. La ragione potrebbe essere che la sua
energia sessuale è negativa. L’energia positiva è la forza attiva, l’energia
negativa è la forza assorbente. Forse, è proprio a causa di questa forza
negativa, o energia assorbente, che la donna ha un corpo più sano, è più
resistente alle malattie e vive più a lungo. E se la biologia riuscisse a
liberarla dalle mestruazioni, vivrebbe ancora più a lungo e sarebbe più
sana. Potrebbe diventare veramente il sesso forte.
Quindi, l’idea del sesso e della morte che sorgono insieme, mostra semplicemente
che la tua energia sessuale, positiva o negativa, si sta accumulando.
E l’energia negativa può accumularsi più a lungo. Infatti, ho
osservato i monaci e le monache giainiste; sono forse tra le persone più
autentiche in ciò che fanno. Possono sembrare stupide, ma la loro sincerità
è fuori di dubbio. Le monache sembrano avere meno problemi a rimanere
nel celibato.
Ma i monaci incontrano difficoltà terribili, le stesse che
incontrano i preti cristiani o gli altri monaci.
Energia negativa significa semplicemente che è più silenziosa, è in attesa
di energia attiva da assorbire. Non ha una forza attiva di per sé. Queste
sono le ragioni per cui sono contro fenomeni come il lesbismo. È semplicemente
stupido: due energie negative che provano a raggiungere il
picco dell’orgasmo! O fanno finta, o quello che chiamano orgasmo è solo
clitorideo, non è vaginale. E l’orgasmo clitorideo non è niente rispetto
all’orgasmo vaginale. L’orgasmo clitorideo è una preparazione. Può aiutare
ad arrivare all’orgasmo vaginale, ma non può rimpiazzarlo.
È veramente incredibile come un fenomeno così intimo come l’atto sessuale
sia rimasto così oscuro. Io dichiaro – ed è la prima volta in tutta
la storia che qualcuno fa una simile dichiarazione – che l’orgasmo clitorideo
può aiutare immensamente nella preparazione; gli psicologi non
sanno come spiegarlo altrimenti, perché non ha una funzione biologica.
Per evitare la questione, molti di loro hanno persino negato l’esistenza
dell’orgasmo vaginale: esiste solo quello clitorideo.
L’orgasmo dell’uomo è così veloce, che non è in grado di creare un orgasmo
vaginale alla donna, in così poco tempo, in quei pochi secondi. Viceversa,
se si crea un orgasmo clitorideo durante il petting, è possibile creare
una situazione in cui l’orgasmo vaginale può accadere. È già incominciato;
l’orgasmo clitorideo ha fatto scattare il processo nel corpo.
Ma gli uomini non si preoccupano dell’orgasmo clitorideo, perché il
loro orgasmo può accadere facilmente solo con il contatto vaginale.
Sono interessati solo al loro orgasmo e, quando hanno finito, non pensano
affatto alla donna. Il lesbismo si sta diffondendo all’interno del Movimento di Liberazione
della donna, perché fa avere loro l’esperienza dell’orgasmo clitorideo,ma
questa è un’altra stupidaggine, perché è solo un preludio. È come se tu
leggessi la prefazione di un libro, ma non il libro. Continui a leggere la
prefazione, quante volte vuoi,ma non ti addentri mai nel libro. Se la donna
aspetta, e continua ad aspettare, anche lei accumula un’energia negativa
e poi l’assorbe. Se è eccessiva, allora può insorgere l’idea della morte,
perché amare in questo stato, avere un orgasmo meraviglioso, può darle
una rivelazione di ciò che accade al momento della morte.
Non c’è niente da temere in tutto ciò, niente viene distrutto. È il picco più
alto della tua vita.
Se hai vissuto inconsapevolmente, nell’infelicità e nella sofferenza, allora,
prima che arrivi la morte, andrai sicuramente in coma. Quindi non
avrai l’esperienza dell’orgasmo, o la consapevolezza che la morte non
sta accadendo a te, al tuo essere, ma solo al tuo corpo, al veicolo che
hai usato finora.
Lo stesso vale se la domanda è stata posta da un uomo. Ma raramente
un uomo arriva a un’altezza tale da iniziare a pensare alla morte. La sua energia è così dinamica, attiva, che viene rilasciata ancor prima di arrivare
a quella vetta.
La mia sensazione è che questa domanda sia stata posta da una donna. E
nessuno ha mai ascoltato la donna, a nessuno importa come si sente, cosa
sente. Da secoli l’uomo ha compreso una cosa: in India ci sono dipinti,
statue, che descrivono il fenomeno – cioè che l’uomo ha sentito nella
donna una specie di morte. Questo è un malinteso. Non è nella donna, è
nell’energia sessuale stessa.
Ma questo è il modo in cui gli uomini continuano a proiettare; non riescono
a vedere che è la loro energia sessuale a portarli vicino alla morte.
E non riescono a vederlo chiaramente, perché la loro energia sessuale non
arriva mai a vette tali da ricordar loro la morte. Ma le donne, se ascoltate,
hanno moltissime cose sagge da dire sul fenomeno.
Le donne sagge sono state distrutte dal cristianesimo. Nel Medioevo ne
hanno bruciate a migliaia. La parola ‘strega’ significa semplicemente
‘donna saggia’, ma poiché sono state così duramente condannate, perfino
la parola è diventata sinonimo di condanna, altrimenti sarebbe un complimento.
Equivale al termine ‘mago’. In tutto il mondo esistevano donne
sagge ed esistevano fenomeni che solo loro potevano spiegare.
Le pitture e le statue in India possono apparire molto strane, se non capisci
il fenomeno. Per esempio: Shiva è sdraiato e sua moglie, Shivani, sta danzando sul suo petto con una spada in una mano e una testa appena
tagliata nell’altra; al collo ha una collana di teschi dai quali sta ancora
sgorgando sangue ed è persa in una danza folle. Sembra proprio che stia
per uccidere Shiva. La danza è così selvaggia e la donna si trova in un
tale stato che Shiva non ha speranza.
Quello che dicevo poc’anzi, si collega a queste esperienze. In Oriente, la
donna è stata ascoltata. Non è mai accaduto nulla di simile a ciò che è
avvenuto in Occidente:migliaia di donne uccise e bruciate vive. Le donne
sagge sono sempre state ascoltate e la loro saggezza è stata assorbita, perché
sono l’altra metà dell’uomo. La saggezza dell’uomo è solo metà; se
non viene assimilata anche quella della donna, non può diventare completa.
Dovete chiedere a lei qual è la sua esperienza.
La donna, in particolare in Oriente, durante molti orgasmi, ha avvertito
la morte molto vicina, come se fosse nei paraggi. Dico in particolare in
Oriente, perché lì, nell’antichità, prima che le ideologie repressive rendessero
la gente divisa e schizofrenica, non si doveva fare l’amore fino a
quando lo stimolo non arrivava al culmine.
Non bisognava fare sesso tutti i giorni. Entrambi i partner dovevano aspettare
fino ad arrivare a uno stadio in cui era impossibile trattenersi. Naturalmente
quelle persone erano molto più sagge. Forse facevano l’amore
una volta alla settimana o una volta al mese, ma il loro amore generava
esperienze incredibili cui l’amore di tutti i giorni non può portare: non ci
sarebbe energia sufficiente per far accadere quell’esperienza portentosa.
Bisogna essere al limite del controllo, vibranti; allora diventa realmente
una danza, una fusione, un incontro di due energie. E quando giunge al
picco più elevato, anche l’uomo può sentirsi circondato dalla morte. La
sensazione della morte è presente perché è un’unica energia, ma quando
l’energia sessuale viene liberata, la sensazione di morte si disperde.
Solo di recente la scienza medica ha accettato il fatto che quanti fanno
l’amore continuamente, non muoiono di attacco cardiaco. Ma dovrebbe
chiedersi: muoiono di qualcos’altro? No, vivono più a lungo e rimangono
più giovani.
Ma si può fare l’amore al livello più basso…normalmente
la gente lo fa così, e questo non dà soddisfazione, non è gratificante;
non dà nessun appagamento. Lascia semplicemente frustrazione.
L’amore va fatto alla sua vetta più alta, per questo occorre una certa disciplina.
La gente ha usato la disciplina per non fare l’amore. Io insegno la
disciplina per fare l’amore nel modo giusto, in modo che il vostro amore
non sia solo un atto biologico che non raggiunge mai il vostro mondo psicologico.
E ha il potenziale per arrivare persino al vostro mondo spirituale. Alle sue vette più alte può raggiungere il vostro mondo spirituale.
Come mai, a quel punto, ci si ricorda sicuramente della morte? Perché
dimenticate il corpo, dimenticate la mente, diventate solo pura consapevolezza,
che si fonde con il partner. È molto, molto simile alla morte.
Quando arriva la morte, se state morendo consapevolmente, dimenticherete
il corpo, dimenticherete la mente, rimane solo consapevolezza…
poi all’improvviso quella consapevolezza si unisce al Tutto. Quella
fusione col Tutto è mille volte più meravigliosa di quanto sia possibile
con un orgasmo. Ma entrambi i fenomeni sono di certo in profonda
relazione. Sono una cosa sola. E chiunque desideri capire la morte,
deve capire il sesso, e viceversa.
Ma è strano che persone come Sigmund Freud o Carl Gustav Jung, interessate
a comprendere il sesso, abbiano tanta paura della morte. La loro
comprensione del sesso non può arrivare molto lontano. Per ciò che concerne
la morte, nessuno ci pensa, nessuno vuole neppure parlarne.
Se incominci a parlare della morte, la gente penserà che non conosci
le buone maniere; è qualcosa di cui non bisogna parlare; la morte va
semplicemente ignorata. Ma ignorando la morte, non puoi capire la
vita. Sono connesse: il sesso è l’inizio, la morte è la fine. La vita è proprio
nel mezzo: è l’energia che scorre dal sesso alla morte. Vanno capite
tutte e tre insieme.
E un simile sforzo non è mai stato compiuto, non ci sono stati esperimenti,
specialmente nel mondo contemporaneo. In Oriente, nei tempi antichi,
prima di Buddha e Mahavira, il fenomeno deve essere stato osservato
molto da vicino, altrimenti che bisogno c’era di far ballare la moglie di
Shiva sul suo petto con una collana di teschi al collo? E le sue mani? –
una mano regge una testa appena tagliata e il sangue scorre e l’altra impugna
una spada. Sembra completamente pazza.
Questa è solo un’immagine pittorica del più profondo stato orgasmico; la
donna potrebbe essere descritta così. E mentre la donna danza, l’uomo è
sdraiato sotto di lei. Lei potrebbe tagliargli la testa o lui potrebbe morire
solo per quella danza sul suo petto. Ma una cosa è certa: la morte è lì.
Che la morte accada o meno, è un’altra cosa.
Forse, inconsciamente, questa è una delle ragioni per cui in Occidente si
ha sempre avuto paura. Si è scelta una sola posizione per fare l’amore:
quella con l’uomo sopra, in modo che possa mantenere il controllo e la
donna non possa esprimere la sua pazzia nel modo in cui lo fa Shivani,
danzando sul petto di Shiva.
E per secoli si è insegnato alla donna che non deve nemmeno muoversi, perché non si addice alle signore; solo le puttane si muovono. Lei deve
sdraiarsi quasi come fosse morta, e rimanere ferma.
Non avrà mai un orgasmo
clitorideo o vaginale. Ma è una signora, ed è una questione di reputazione
e di rispettabilità. Non le è permesso godere, deve rimanere seria
per tutta la durata dell’atto. Solo l’uomo può muoversi, non la donna.
La mia intuizione mi dice che questo comportamento nasce dalla paura.
In Oriente, la posizione normale vede la donna sopra, non l’uomo. Con
l’uomo sopra, è assolutamente orribile: l’uomo è più pesante, più alto,
sta solo schiacciando inutilmente una donna delicata. E per lui è scientificamente
più giusto stare sotto; in questo modo non può muoversi
troppo e la donna ha più libertà di movimento, di urlare di gioia, di picchiare
l’uomo, di mordere l’uomo, di graffiare la sua faccia o fare qualsiasi
cosa le venga di fare.
Lei deve essere una Shivani. Non ha la spada ma ha le unghie, unghie
lunghe; può fare molto con quelle unghie. E se lei è sopra, si muove più
velocemente, l’uomo si muove più lentamente e così possono giungere
insieme al picco orgasmico. Con l’uomo sopra e la donna sotto, è impossibile
arrivare insieme al picco dell’orgasmo. Ma all’uomo non importa
niente, ha semplicemente usato la donna.
L’antica saggezza orientale ha un’attitudine totalmente diversa. Ai tempi
delle Upanishad la donna veniva rispettata come l’uomo. Non esisteva la
questione dell’ineguaglianza.
La donna aveva accesso a tutte le sacre scritture
e partecipava persino a tutti i grandi dibattiti.
È stato il giorno più orribile, quello in cui l’uomo ha deciso che la donna
era inferiore e doveva semplicemente seguire l’uomo e i suoi ordini. Ora
non le è più permesso di leggere i testi sacri, non le è permesso discutere
i grandi problemi della vita. E non vi è dubbio che bisognerebbe chiederle
come vede la situazione dal suo punto di vista. La sua parte è la
metà, e questo rifiuto ha mantenuto l’uomo diviso, schizofrenico. È giunto
il momento di riunire la donna e l’uomo insieme, nella loro interezza.
Le loro esperienze, le loro comprensioni, le loro meditazioni, dovrebbero
essere un tutt’uno – quello sarà l’inizio di una vera umanità.
”
Ho sentito Osho dire che il meditatore fa l’esperienza della morte, non
del corpo, ma della mente, per cui nasce a una nuova vita; ‘dwija’ (nato
due volte) è l’espressione usata in Sanscrito.
Una cosa è sedersi con Osho che parla, esserne sedotti a entrare in meditazione,
sull’onda del suono delicato e ritmico della sua voce, sprofondando
negli spazi di silenzio e sentirsi sospesi, senza tempo.
Un’altra cosa è essere consapevole durante il giorno in tutte le cose che si fanno. Per
esempio, camminando, ricordarsi di farlo senza pensare ad altro; mangiando,
masticare senza un dialogo mentale di sottofondo. È divertente,
quasi come un gioco e accade sempre più spesso nella mia giornata.
Ma sedermi in silenzio nella mia stanza è qualcosa di diverso. Sedersi e
non fare niente è come morire. Sento come se lasciassi andare tutto ciò
che so, e cos’altro può essere la morte se non lasciare andare tutto?
Ho sentito Osho dire che questo è il motivo per cui di solito la gente
muore inconsapevolmente; la morte è l’operazione chirurgica più grande
della natura, per separare l’anima dal corpo e dalla mente con la quale
è stata identificata per tutta la vita, e quindi la maniera più indolore è
morire inconsapevolmente. Ecco perché la gente non ricorda l’ultima
morte, o l’ultima vita.
Quandomi siedo in silenzio, il primo pensiero che affiora nella mia mente
è: “FAI qualcosa, c’è così tanto da FARE.” Persino essere consapevole
dei miei movimenti durante il giorno è un FARE, almeno c’è qualcosa da
osservare. La mia mente ha paura quando mi siedo in silenzio, e dice: “Se
ti siedi per un’ora, cosa ci guadagni? Sarai più vulnerabile e incapace di
gestire la tua vita.” QUESTA è la scusa più forte: “La mia vita va benissimo
così com’è e mi diverto, cosa succederebbe se perdessi quello che
ho?” Ah! Allora mi ricordo la storia della miniera di diamanti e la promessa
di Osho che esiste molto, ma molto di più all’interno della foresta.
In diversi giornali e riviste scientifiche ho letto racconti di persone dichiarate
‘clinicamentemorte’. Per esempio, persone che durante un’operazione
chirurgica hanno fatto l’esperienza della morte perché il loro cuore si
era fermato.
Oppure persone rimaste in coma dopo un incidente e poi sono
‘tornate in vita’. Quando ho letto la loro descrizione dell’esperienza, sono
rimasta sorpresa nel vedere che era esattamente l’esperienza che ho vissuto
con la meditazione.
In un articolo pubblicato l’anno scorso sull’Herald Tribune, molte persone
hanno descritto la loro esperienza allorché, in un terribile stato di
shock, devono aver ‘lasciato il corpo’. Tutti quanti parlano di una ‘luce’
alla fine di un tunnel, percorrendo il quale, hanno sentito un amore e
una beatitudine immensi. Alcune di queste persone, essendo cristiane
hanno interpretato la ‘luce’ come Gesù e, dopo la guarigione dalla loro
malattia, sono diventate devote.
Io ho fatto questa esperienza con la meditazione, anche se ho sempre
perso conoscenza prima di essere inghiottita dalla luce. Un sannyasin chiese a Osho di parlare di questa esperienza, in un
discorso della serie The Inner Splendor. Diceva di aver fatto l’esperienza
di “Una grande macchia nera. Dentro questa macchia nera ce
n’era una bianca. Questo punto bianco si avvicinava sempre di più roteando
in cerchio. Ma proprio prima che la macchia nera sparisse totalmente,
ho aperto gli occhi!”.
Osho: “Quello che ti è successo ha un significato incredibile, raro e unico.
È uno dei contributi dell’Oriente al mondo intero: la comprensione che
in mezzo ai due occhi, esiste un terzo occhio che normalmente rimane
addormentato. Bisogna lavorare duramente, portare tutta la propria energia
sessuale verso l’alto, contro la gravità e, quando l’energia raggiunge
il terzo occhio, questo si apre.
”
Osho gli spiegò di provare a non aprire gli occhi quando questo succede.
“…E una volta che hai visto sparire la macchia nera… la macchia nera sei tu e il punto bianco è la tua consapevolezza. La macchia nera è il tuo
ego e il punto bianco è il tuo essere. Fai sì che il tuo essere si espanda e
lascia che il tuo ego sparisca. Solo un po’ di coraggio…forse ti sembrerà
di morire, perché sei sempre stato identificato con il buco nero ed esso
sta per sparire. E non sei mai stato identificato con il punto bianco, per
cui qualcosa di non-familiare, di sconosciuto, sta per possederti.”
Nella mia comprensione, con la meditazione non può accadere nulla
di pericoloso, perché l’osservatore o il testimone rimane sempre. Quando
ho detto a Osho che a volte, durante la meditazione, avevo il desiderio
di svenire, mi disse: “Devi andare oltre lo stato in cui inizi a sentire
che stai svenendo, o perdendo conoscenza. Non aver paura – perdi
conoscenza, svieni, vacci dentro, lasciati sopraffare. Per un attimo sarà
tutto perduto, ma solo per un momento. Poi improvvisamente… l’alba;
la notte è finita.” (da The Rebel)
Osho ha parlato moltissimo della morte, il più grande mistero e il più
grande tabù. Nel libro The Rajneesh Upanishad dice: “Abbiamo rinunciato
alle nostre vite nel momento stesso in cui siamo nati, perché la nascita
non è altro che l’inizio della morte. Ad ogni istante morirai sempre di
più. Non è che un certo giorno, a settant’anni, arriva la morte; non è un
evento, ma un processo che incomincia con la nascita.
Ci vogliono settant’anni, è molto lento, ma è un processo, non è un evento.
E io enfatizzo questo fatto, in modo da rendervi chiaro che la vita e la
morte non sono due cose separate. Lo diventano se la morte è un evento
che pone fine alla vita.
Allora diventano due; diventano antagoniste, nemiche. Quando dico che la morte è un processo che inizia con la nascita,
dico che anche la vita è un processo che inizia con la stessa nascita. E
questi non sono due processi diversi. È un unico processo: inizia con la
nascita, finisce con la morte.
Ma la vita e la morte sono come due ali di un uccello, o due mani, o
due gambe.
La vita è dialettica; se lo capite, in voi sorgerà naturalmente una straordinaria
accettazione della morte. Non è contro di voi, è parte di voi,
senza di essa non potete essere vivi. E io vi dico: la morte è una finzione.
Non esiste la morte, perché niente muore, le cose cambiano, semplicemente.
E se siete consapevoli, potete farle cambiare in meglio. È
così che avviene l’evoluzione.”
La morte di Nirvano è stata improvvisa, inattesa e sconvolgente. Ho
avuto la sensazione che una parte di me sparisse e ho sentito un senso
di urgenza: da quel momento in poi dovevo vivere con maggior intensità
e pienezza. La sua morte mi ha regalato il dono dell’urgenza. Se
Osho avesse potuto far illuminare qualcuno, se avesse potuto farlo per
qualcuno, lo avrebbe fatto per lei. In verità, siamo noi che dobbiamo
camminare ‘sul sentiero’ da soli, lui può solo indicare la strada. Osho
ci ha detto moltissime cose e io le interpretavo come poesie…non capivo
che ci stava dando la verità.
Più o meno dieci anni prima, una volta io e Nirvano ci siamo sedute ai
piedi di Osho in meditazione, nella sua stanza. Lui era sulla sua poltrona
e noi sul pavimento, per circa un’ora. Durante i primi minuti, io
vissi qualcosa di simile a un’esplosione, e per un po’ mi trovai come
persa nei colori e nella luce. Dopo un po’ Osho disse: “Bene, adesso
tornate indietro.” Aveva un gran sorriso sul volto e disse che era accaduto
molto più di quello che si era aspettato e che adesso (Nirvano e
io) eravamo “gemelle, gemelle d’energia.”
Per dodici anni, Nirvano e io abbiamo vissuto insieme molto intensamente;
a volte ci amavamo moltissimo, a volte eravamo nemiche acerrime.
Osho disse che “non potevamo stare insieme nella stessa stanza.”
Era un rapporto molto forte.
Mi sono sentita molto vicina a lei quando, alla fine del nostro giro del
mondo, tornammo a Bombay. La lavanderia di Osho era anche la sua
camera da letto e c’erano più di quaranta gradi. Vivevamo una addosso
all’altra e, sebbene la situazione fosse alquanto difficile per mancanza di
spazio, tra noi c’era un amore che mi nutriva. Nel suo modo di comportarsi
tipicamente inglese, era sempre un po’ fredda con gli altri, ma stando tutto il giorno nella stessa stanza, quella freddezza svanì. Mi piaceva
pettinarle i capelli, e raccoglierli con le forcine, anche se ricadevano sempre,
perché erano troppo lisci e pesanti.
L’ultima volta che la vidi in vita, stava uscendo dalla Buddha Hall e
io ero seduta davanti alla porta. Ci guardammo e ci scambiammo un
gran sorriso.
Quello è stato il mio piccolo addio.
Quando morì, sentii che non era rimasto niente che avrei voluto dirle.
Di fatto, ogni suo amico ha sentito proprio questo con lei: qualcosa
di completo.
Ha vissuto totalmente e io avevo già imparato a essere consapevole di
non lasciare niente di non detto con tutte le persone che conosco. Non
voglio comportarmi inconsapevolmente con un amico, perché è un dato
di fatto che potremmo non rivederci più e tutto ciò che non è stato detto,
lascia un buco, una ferita che non si può rimarginare.
In vita, Nirvano era per me il più grande mistero, il modo in cui viveva,
il modo in cui era. Un momento era una bambina innocente e subito dopo
una dea Kali che brandiva una spada. E la sua morte è stata tanto misteriosa
quanto la sua vita. Non so perché sia morta. So che era disperatamente
infelice, e che da quando l’ho conosciuta aveva sempre desiderato
morire, ma pensavo che sarebbe potuto accadere un ‘clic’, un cambiamento
e un giorno, all’improvviso, si sarebbe trovata illuminata. Penso
che lei fosse vicina, molto vicina all’illuminazione. Era una donna saggia
ed era in armonia con Osho come nessun altro. Molte volte, quando
Osho si ammalava, lei intuiva immediatamente qual era il problema e
Osho in diverse occasioni ha parlato dell’incredibile amore che aveva nel
prendersi cura di lui. Possedeva una grande chiarezza e un forte acume,
una grande comprensione e percezione della gente, specialmente dei loro
punti negativi. Eppure piombava in stati depressivi così incredibili, di
fronte ai quali era impotente e rendeva impossibile a chiunque di aiutarla.
Chiudeva le porte e soffriva da sola.
Da bambina, i suoi genitori l’avevano portata in alcune cliniche in
Svizzera, perché si rifiutava di mangiare. Negli ultimi anni soffriva di
uno squilibrio chimico-ormonale, per il quale prendeva delle medicine,
senza risultati.
All’inizio del 1989 si era recata in un ospedale psichiatrico in Inghilterra,
ma era rimasta solo due giorni. Disse che i dottori erano più
pazzi di lei, e questo le aveva fatto capire che poteva curare le sue
depressioni da sola.
Negli ultimi mesi non la vidi, perché ogni volta che andavo a trovarla mi
diceva di tornare più tardi, e poi non rispondeva quando bussavo alla sua
porta. Capii che non voleva vedermi.
Era meglio per me starle lontana, perché mi era molto facile captare la
sua infelicità. Nelle ultime visite che le feci, mi raccontò della sua ansia
e degli incredibili dolori che sentiva nella regione dell’hara o nel basso
ventre. Per anni si era svegliata tutte le mattine con un forte senso di nausea
alla bocca dello stomaco.
Quando mi raccontava quelle cose, la mattina dopo mi svegliai con lo stesso
dolore allo stomaco.
Aprendo gli occhi il primo pensiero era stato: “Oh,
no, no, non un’altro giorno!” Vivevo le sue ferite come se fossero mie.
L’ultima volta che andai a trovarla, ci scambiammo alcuni pettegolezzi,
per divertirci: ero furiosa col mio uomo perché era andato con un’altra, e
dissi alcune cattiverie per farlo sembrare un cretino. Ripensandoci mi
sembrò ingiusto sparlare di qualcuno a quel modo; dopo tutto non sapevo
perché si era comportato così; in ogni caso, mi sentivo a disagio per averlo
fatto. Vidi Nirvano la mattina dopo e le chiesi, per favore, di dimenticare
ciò che le avevo detto: non avevo nessun diritto di sparlare di qualcuno
senza sapere cosa gli stava succedendo.
Lei mi disse: “Oh, santa madonna! Stavamo solo facendo un po’ di
pettegolezzi tra donne. Non facevamo del male a nessuno! In questo
modo finirai con l’andare in giro mezza illuminata. Qui nessuno può
essere mezzo illuminato. O sei totalmente illuminata o sei totalmente
non-illuminata.”
Ritengo tale affermazione molto profonda. Per me, era una donna saggia.
Quando chiudo gli occhi riesco solo a ricordarla sorridente. Quando era
felice, era la persona più viva ed estatica che abbia mai incontrato.
L’ultima volta che mi sono seduta accanto a lei in Buddha Hall, per
meditare con Osho, durante la fase del silenzio, ho udito un suono provenire
da dentro di lei. Ho riconosciuto quel suono, perché è lo stesso
che faccio quando mi sento estremamente contenta e centrata. Ho sentito
quel suono provenire dal suo interno e in quel momento ho capito
in quale spazio si trovava. Per questo, quando una settimana dopo morì,
fui sconvolta: conoscendo quello spazio, non pensavo si potesse cadere
in uno stato di depressione così profondo. Anche se conosceva quella
qualità di meditazione, la sua depressione doveva essere così forte,
così potente, che niente poteva aiutarla.
So che Osho ha fatto il possibile, dandole tutto quello che voleva: poteva
stargli accanto, ma era libera di andare ovunque volesse. Andò molte volte in Inghilterra; stava uno o due giorni e poi tornava. Si recò anche
in Australia all’inizio di quell’anno, per iniziare una nuova vita, ma dopo
un paio di giorni era di ritorno. Aveva visitato molti paesi, Spagna, Svizzera,
Tailandia,ma tornava sempre dopo pochi giorni. Penso che, se fosse
rimasta fino al momento in cui Osho ha lasciato il corpo, forse quello
avrebbe potuto essere per lei il famoso ‘clic’, il cambiamento. Osho disse
che la sua morte era stata prematura.
Il corpo di Nirvano, su richiesta di Osho, venne portato al crematorio sul
fiume quella notte stessa; volle che solo alcuni amici assistessero alla sua
cremazione. In passato, per celebrazioni simili, avevo sempre visto quel
posto pieno di sannyasin; adesso eravamo solo una quarantina, e aspettavamo
solennemente che arrivasse l’ambulanza con il suo corpo.
La salutai con il namasté, mentre la mettevano sopra la pira funeraria. La
mia amica Amiyo, vedendo il corpo disse: “Quel corpo non è Nirvano,
lei è già andata via.”
Il suo corpo venne adagiato lentamente e coperto di pezzi di legno.
Mentre
accendevano il fuoco, mi spostai e mi trovai in piedi alla destra di Nirvano.
“Strano,” pensai, “quello di Nirvano è il primo corpo che vedo bruciare
così da vicino; lei è il mio incontro con la morte più ravvicinato.”
La legna era accatastata o era scivolata in modo tale che si era creata una
specie di finestra attraverso la quale potevo vedere il suo viso, simile a
una purissima maschera bianca che galleggiava e si dissolveva nel fumo pallido. Le sue labbra erano gonfie e di un rosso scuro e nella danza delle
fiamme sembravano sussurrare: “Nirvano.”
Guardai verso l’alto, alla luna pallida che si stagliava nel cielo, non era
neppure piena. Lentamente mi allontanai dal fuoco e svenni. Quando riaprii
gli occhi, non sapevo dove fossi e credetti di essere morta.
Più tardi, quella notte, pensai: “Sarebbe stata fiera di me – svenire al suo
funerale.” Era proprio il tipo di dramma che avrebbe fatto lei, aveva sempre
detto che io non ero né carne né pesce.
Naturalmente non posso saperlo, ma ho un’idea di quanto Osho l’amasse.
Tra loro c’era pura magia e Osho non veniva mai disturbato dai suoi umori o dal suo temperamento. Ogni volta che lei ritornava da un viaggio
(di quelli che dovevano essere “per sempre”), veniva accolta senza
riserve. Ritornando dall’Australia, dopo tre giorni, dove era andata “per
iniziare una nuova vita,” mi disse: “Chissà cosa riuscirà a inventarsi la
prossima volta, la mia mente folle.”
Anche se non ho esperienza di vite passate, ho sempre avuto l’impressione
che il rapporto tra Osho e Nirvano fosse antico. In un discorso del
1978, Osho disse che era stata la sua donna nella vita precedente (solo
quarant’anni prima), che era morta di tifo all’età di diciassette anni e aveva
promesso che sarebbe tornata per prendersi cura di lui.
Ho sentito Osho dire di non giudicare mai una persona dai suoi atti,
dalle sue azioni, da quello che fa. Con Nirvano era facile vedere come
da un lato fosse un’‘anima’, un’energia stupenda e dall’altro una persona
molto difficile. Osho ha anche affermato che Nirvano non ha mai
meditato e che ha sempre disturbato il suo lavoro. Inoltre disse che aveva
sempre reso difficile la vita a chiunque svolgesse il ruolo di segretaria
per lui, forse non capendo il significato del suo lavoro. Osho ha migliaia
di discepoli e lavora su ciascuno. Questo è un fatto dimostrabile, basta
osservare tutti coloro che si sono aperti ai cambiamenti, seguendo le
tecniche di meditazione di Osho.
Non è facile capire cosa sia l’amore incondizionato. Un amore che non
chiede niente in cambio; è così raro in un mondo che conosce solo l’amore
possessivo, alla ricerca di dominare. L’amore e la compassione di Osho
non cambiavano mai ed erano sempre lì, per Nirvano. Osho è amore e il
suo amore aspetta solo di essere ricevuto. A volte Nirvano non era pronta
a riceverlo, ma questo è vero per tutti noi. In ogni caso, ci sono tante,
tantissime cose che rimarranno inspiegabili, un mistero. Sembra che la
natura stessa delle cose non possa essere compresa. Più provo a capire
ciò che è successo negli ultimi anni e più vengo riportata al momento presente:
il respiro che sale e scende lungo il naso e si muove attraverso il
corpo; dalla finestra vedo il tronco di un albero – solido, presente. I raggi
di sole e il vento che passa attraverso le foglie e le muove con le sue lunghe
dita invisibili, il gorgoglio dell’acqua che scorre, il cinguettìo degli
uccelli e io che guardo davanti a me, nel silenzio.
Cosa c’è lì, veramente? Forse, sarà sempre impossibile capirlo.
“La vita è un mistero da vivere, non un problema da risolvere.” – Osho.