I miei giorni di luce con Osho: Capitolo Nono

Libro di Prem Shunyo

Una crocefissione in stile americano

Si stava facendo buio, mentre attraversavamo le strade bagnate di Portland,in quel pomeriggio di metà novembre. La scorta dei motociclisti della polizia che fiancheggiava la Rolls Royce era degna di un presidente.

C’erano almeno cinquanta poliziotti sulle loro potentissime HarleyDavidson, sembravano giganti vestiti di pelle nera, con le facce coperte dai caschi e dagli occhiali. Bloccavano la strada a tutti gli incroci e la coreografia era perfetta: i due motociclisti che erano a ogni lato della macchina venivano continuamente sostituiti da altri due che si inserivano nel traffico con grande abilità. In questa coreografia di sirene e guardie del corpo, Osho come sempre uscì dalla macchina senza essere minimamente toccato da ciò che avveniva all’esterno e, con l’elegante grazia di sempre, entrò nell’aula del tribunale, accompagnato da sei agenti in borghese.Leggi tutto

I miei giorni di luce con Osho: Capitolo Decimo

Libro di Prem Shunyo

Kulu Manali

Il volo per Kulu-Manali decollò da Delhi alle dieci del mattino. Era stata una mattinata intensa perché Osho aveva tenuto una conferenza stampa alle sette, allo Hyatt Regency Hotel e non aveva usato mezzi termini nell’esprimere quello che pensava dell’America.

Ero riuscita a dormire un paio d’ore, prima di una folle e caotica corsa attraverso Delhi, in un furgone carico di bauli, che la stampa indiana definì “d’argento e ricoperti di gioielli”. Erano gli stessi bauli che avevo riempito due notti prima ed erano stati acquistati in un negozio di ferramenta in una zona sperduta dell’Oregon.Leggi tutto

I miei giorni di luce con Osho: Capitolo Undicesimo

Libro di Prem Shunyo

Nepal

Potevo sentire la magia del Nepal ancor prima che l’aereo atterrasse e 
sussurrai: “Sto tornando a casa!”.
 I funzionari dell’aeroporto erano gentili e sorridenti e le persone che 
incontravamo per le strade avevano i volti più belli che avessi mai visto,
in tutto il mondo; anche se i nepalesi sono ancora più poveri degli indiani,
 hanno una dignità e un portamento che affermano il contrario. 
La strada per Pokhara passa attraverso una giungla lussureggiante, e
 quando ci fermammo per fare pipì, mi incamminai come incantata in 
un boschetto dove c’era una cascatella che formava un laghetto circondato
 da rocce, con le orchidee che si attorcigliavano agli alberi come 
enormi ragni e un ruscello che, misteriosamente, scompariva in una 
stretta vallata. Leggi tutto

I miei giorni di luce con Osho: Capitolo Dodicesimo

Libro di Prem Shunyo

A Creta

Era la metà di febbraio e l’acqua del mare Egeo era fredda, ma era stupendo nuotare nuda nelle calette limpide e profonde, circondate dalle rocce su cui le onde venivano a infrangersi con dolcezza. Il sole splendeva e io guardavo la villa costruita a picco sul mare, e la scala scolpita nella roccia che si arrampicava fino alla casa. Amrito l’aveva affittata per un mese, chiedendola a un suo amico regista, Nikos Koundouros, e con rapidità era riuscita ad apportare alcune migliorie; al bagno, per esempio.Leggi tutto

I miei giorni di luce con Osho: Capitolo Tredicesimo

Libro di Prem Shunyo

Aspettando in silenzio

Atene: 6 marzo 1986, 1.20 di notte.

A bordo del piccolo jet c’erano Osho, Vivek, Devaraj, Anando, Mukti e John. L’aereo decollò da Atene… destinazione ignota – persino ai piloti. Una volta decollati chiesero a John: “Dove andiamo?”, ma John non lo sapeva.

Hasya e Jayesh erano in Spagna: si davano da fare per ottenere un visto per Osho, e John era in contatto telefonico con loro: “La Spagna ancora non è pronta,” disse Hasya. La Spagna non fu mai pronta! Ci vollero due mesi di trattative perché dicessero di no. L’aereo salì di quota e prese velocità – senza destinazione!       Io ero in attesa nella villa a Creta, pronta a raggiungere quel gruppo sparuto, con i trenta colli di bagaglio.Leggi tutto

I miei giorni di luce con Osho: Capitolo Quattordicesimo

Libro di Prem Shunyo

In Uruguay

21 marzo 1986: anniversario dell’illuminazione di Osho.

Partii per l’Uruguay dall’aeroporto di Londra, con quattro guardie delcorpo ingaggiate da Hasya e Jayesh; erano degli specialisti in anti-sommosse,anti-terrorismo, addestrati in comunicazioni, demolizioni e armi da fuoco. Ognuno di loro aveva una specializzazione. Avrebbero dovuto essere le guardie del corpo di Osho in Uruguay,perché non avevamo veramente idea di cosa ci aspettava. Mi stavano accanto, sembravano soldati dall’aspetto minaccioso… mi sentivo ben protetta.Leggi tutto

I miei giorni di luce con Osho: Capitolo Sedicesimo

Libro di Prem Shunyo

Relazioni amorose

Tornai a Londra, dove attesi un mese che si chiarisse la situazione: si poteva entrare in India, oppure anche lì i visti venivano annullati?

Vivek raggiunse Osho a Bombay due settimane prima di me. Pian piano seguirono tutti gli altri componenti di quell’incredibile carovana e di nuovo riprese il nostro ritmo comunitario: io vivevo con Milarepa in una stanza che divenne anche la mia lavanderia; Osho viveva in casa di un sannyasin che lo aveva seguito in America, Suraj Prakash.

Devo ammettere che i discepoli indiani che avevano vissuto l’esperienza di Rajneeshpuram erano maturati molto e si presentavano ora come una perfetta fusione di Oriente e Occidente… l’uomo nuovo di cui Osho aveva sempre parlato. E del quale ora riprese a parlare, “per dare gli ultimi ritocchi al quadro che ho tratteggiato per anni”, come disse lui una sera. Il discorso serale di Osho divenne il cuore di quei giorni: all’inizio erano presenti un centinaio di persone, ma il numero iniziò a crescere, man mano che la voce si spargeva, e dall’Occidente accorrevano sannyasin stanchi di una lontananza protrattasi per mesi. Qualcuno non vedeva Osho dall’anno prima, cioè da quando aveva lasciato l’America.Leggi tutto

I miei giorni di luce con Osho: Capitolo Diciassettesimo

Libro di Prem Shunyo

Diagnosi: avvelenamento da Tallio

Eraclito dice: “Non si può entrare nello stesso fiume due volte.”

E Osho dice: “Non si può entrare nello stesso fiume neppure una volta.”
Pertanto non esiste una seconda Pune.

Quando arrivai a Pune all’inizio di gennaio del 1987, mi sentivo invecchiata
 di cento anni, se non di più. Avevo vissuto molte vite,molte morti;
 ero stata in giardini pieni di fiori e li avevo visti distrutti.

Eppure, Osho continuava… provava ancora a portarci lungo quel cammino,
verso ciò che lui chiama il diritto di nascita di ogni essere umano:
 l’illuminazione.

Fu durante questo periodo di tre anni, dal 1987 al 1990, che Osho parlò 
l’equivalente di quarantotto libri, un’impresa grandiosa, considerando
 che per un terzo del tempo fu ammalato.
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I miei giorni di luce con Osho: Capitolo Diciottesimo

Libro di Prem Shunyo

«possiamo celebrare questi 10.000 buddha?»

Più di una volta Osho mi ha detto che andare in America aveva distrutto 
il suo lavoro. Non capivo veramente cosa intendesse dire e gli
 rispondevo: “No, almeno adesso sei conosciuto in tutto il mondo. Hai
 smascherato i politicanti di tutte le nazioni, i tuoi sannyasin sono maturati
 e cresciuti moltissimo.” Ma non capivo. Non sapevo che stava per
 morire avvelenato.
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