Protagonista di una storia zen

Un’appassionata dedizione alla ricerca di sé

Un’appassionata dedizione alla ricerca di sé durante un ritiro di meditazione ci porta vicini nel tempo e nello spazio al mondo degli aneddoti raccontati da Osho…

Il bello del cinema è la densità di eventi che ti trovi a vivere (identificandoti coi personaggi) in un breve lasso di tempo: in sole due ore ti passano davanti fatti che altrimenti si svolgerebbero in giorni, mesi, anni… secoli magari! Per questo ci appassioniamo ai film, così veloci, così densi di contenuto che ogni minuto ci lascia col fiato sospeso. La vita di solito non è così intensa, se non a tratti. Nella vita normale per avere una sequenza di eventi appassionanti ci vuole pazienza: metti in moto una cosa oggi e ne vedrai i risultati domani, tra un mese… o tra un anno. La vita normale è più lenta. Non puoi farne un racconto interessante se la narri tutta minuto per minuto… ci riesci solo scegliendo dei momenti o riassumendo in pochi minuti giorni o anni di vissuto. Il tempo reale è un’altra cosa!

E cosa dire allora della meditazione? Sedersi, chiudere gli occhi, guardare dentro, rilassarsi… ma si può raccontare una cosa così? Una seduta o un ritiro di meditazione? È un percorso? Da dove a dove? E soprattutto la si può vivere con la stessa passione che nasce normalmente da un evento esteriore e pieno d’avventura come la scalata di una montagna, una discesa in canoa in un torrente, un volo su un deltaplano? E questa densità di vita la troviamo solo in cose così? Qualcosa del genere sembra esserci anche sul percorso spirituale… ci sono esperienze forti, risolutive – e non solo dei lunghi processi con situazioni che tornano e ritornano e non si finisce mai – esperienze di reale trasformazione che vengono raccontate a volte in poche righe, come la celebre storia “Né acqua né luna”:

La monaca Chyono studiò per anni, ma non fu capace di trovare l’illuminazione. Una notte stava portando un vecchio secchio pieno d’acqua. E mentre camminava solitaria guardava la luna piena riflessa nell’acqua del secchio. Improvvisamente la canna di bambù che sorreggeva il secchio si ruppe e il secchio cadde a terra. L’acqua fuggì via, il riflesso della luna scomparve e Chyono si illuminò. E scrisse questi versi: “In un modo e nell’altro ho cercato di tenere il secchio sperando che il debole bambù non si spezzasse mai. Improvvisamente il manico si è rotto. Niente più acqua, niente più luna nell’acqua… il vuoto nelle mie mani. 1

L’anno scorso ho partecipato di nuovo a un bellissimo ritiro di 10 giorni di Vipassana condotto da Shunyo, a OshoLeivi in Liguria. Per la mente, se ci pensi prima, sembra la cosa più noiosa di ‘sto mondo… a occhi chiusi, in silenzio, a osservare il lento fluire del respiro. In effetti per qualche ora, all’inizio, è un equilibrio delicato da mantenere: ricordarsi della tecnica, trovare la posizione giusta per sedersi, lasciare acquietare un po’ la mente agitata. E di sicuro ci vuole un po’ di disponibilità, non è che la passione per la meditazione si scatena da subito subito! Ma sorpresa delle sorprese… è successo! A un certo punto click: sia io sia i miei compagni di viaggio – lo si capiva anche se nessuno di noi parlava – non vedevamo l’ora di poterci di nuovo sedere a occhi chiusi e continuare il viaggio ora dopo ora, giorno dopo giorno… qualcosa da dentro ci chiamava con voce forte.

Chiamava a tuffarsi in questa avventura come in un volo con il deltaplano, ma qui non era una successione di planate, virate, ascese, visioni di incredibili panorami – tutti fatti esteriori – bensì un aprirsi, a cui non ero preparato, di porte interiori. E quanta avventura c’era anche qui, in questo sedersi a occhi chiusi! Bastava rivolgere lo sguardo verso l’interno per scoprire un se stesso mai immaginato, per vedere un succedersi di cambi altrimenti impercettibili: con lo sguardo rivolto lì, con la presenza della consapevolezza tutto un mondo dato per scontato – non visto, non vissuto – si manifestava per l’intricato misterioso arabesco che era.

E mi son venuti in mente gli aneddoti zen di cui Osho ha sempre arricchito i suoi discorsi, i suoi libri… del monaco tal dei tali che faceva così, diceva cosà, gli succedeva questo e quello… “Cavolo” ho pensato “ma stava vivendo una vita nel suo monastero zen sui monti del Giappone esattamente come la sto vivendo io qui nel bel ritiro di Vipassana in Liguria”. Improvvisamente l’aneddoto zen non era più una storiella di qualcun altro, era la mia stessa storia del momento! Chi sono io? A occhi chiusi in questo mondo di pensieri… ah, ma io li sto osservando, allora io non sono i miei pensieri… strato dopo strato… silenzio e avventura… sì l’avventura di avere lì per le mani “me stesso”… cavolo esisto! Ma dove sono… sono qui… qui… ora. Osho dice che nel quieora non si incontra solo l’ignoto, lo sconosciuto, ma l’inconoscibile… io non so queste cose, so solo che si apre una dimensione davvero misteriosa. Tutti i discorsi di Osho e i racconti di vite dedite alla ricerca del tesoro interiore si riassumono in questo processo.

Sono protagonista con intensità – con totalità (è il bello di un ritiro di vipassana), senza altro da fare – del mio viaggio interiore momento dopo momento con colpi di scena e aperture improvvise. Sono al dunque, sono all’essenziale, sono al passo decisivo, è qui che tutti i meditatori dopo anni di ricerca, dopo gruppi su gruppi, dopo tecniche su tecniche, esperienze ed esperimenti… alla fine tutti arrivano a questo “guardare dentro” e vedere… ed essere. Proprio come un monaco zen stavo facendo a tempo pieno esattamente le stesse cose che a lui hanno regalato la realizzazione del proprio sé interiore…

Kyogen era uno studioso di grande erudizione e per qualche tempo, proprio questo ostacolò la sua illuminazione. Un giorno Isan gli chiese: “Quando eri con il nostro maestro, Hyakujo, eri abile a tal punto da dare dieci risposte a una singola domanda e centinaia di risposte a dieci domande. Dimmi questo: cos’è il tuo sé reale, il sé che esisteva prima che uscissi dal grembo di tua madre, prima di distinguere l’est dall’ovest?”. A questa domanda, Kyogen rimase allibito, non sapeva cosa dire. Offrì ogni genere di risposta, spremendosi il cervello, ma furono tutte scartate da Isan. Alla fine Kyogen disse: “Ti prego, spiegamelo per favore”. Isan rispose: “Quello che dico appartiene alla mia comprensione. Come potrebbe portar beneficio al tuo occhio della mente?”. Kyogen consultò tutti i suoi libri e tutte le note che aveva preso sugli autorevoli insegnamenti di ogni scuola, ma non riuscì a trovare le parole da usare per rispondere alla domanda di Isan. Sospirando per la sua situazione disse: “Non si può riempire uno stomaco vuoto con dei dipinti di torte di riso”. Poi bruciò tutti i suoi libri e i suoi appunti, dicendo: “Rinuncerò allo studio del Buddhismo. Rimarrò un mo – naco semplice semplice per il resto della mia vita ed eviterò di torturare la mia mente”. Tristemente lasciò Isan e decise di occuparsi della pulizia del cimitero. Un giorno, mentre stava spazzando per terra, una pietra colpì un bambù. Kyogen si fermò, ammutolito, dimenticando se stesso per un attimo… e all’improvviso, scoppiando in una sonora risata, si illuminò. 2

A proposito… io non mi sono illuminato. Ma per la prima volta mi sono sentito di sicuro protagonista in prima persona di una storia zen: mi sono sentito compagno di questi monaci zen dei racconti di Osho, del loro stesso valore, persone che o da intellettuali o da pasticcioni – o da ingenui o da già piuttosto saggi – si sono comunque impegnate nello stesso mio modo, sullo stesso sentiero, alla ricerca dello stesso centro dentro di sé. Per dieci giorni ho trovato la stessa densità di esperienza e la pienezza di vita spirituale degli aneddoti raccontati da Osho. Nel mondo, nella vita di tutti i giorni, non è facile essere così focalizzati, essere così ricercatori a tempo pieno come i protagonisti delle storie zen…

L’intellettuale è la persona più incline a non capire, a non comprendere. Proprio il suo essere un intellettuale glielo impedisce perché gli dà una sensazione… come se sapesse già! Ma “come se”! Non è questo il punto! Devi vivere, devi farne esperienza… non “come se”! Prima di realizzare l’illuminazione, Tokusan aveva in programma di visitare Ryotan, un famoso maestro zen che viveva su una montagna. Quando arrivò ai piedi della montagna, Tokusan vide una sala da tè sul ciglio della strada e pensò che fosse meglio fare uno spuntino prima di scalare la montagna e quindi lo ordinò alla vecchia donna della sala da tè. Spuntino in cinese si dice “tenjin” che letteralmente significa “per illuminare la mente”. La vecchia chiese a Tokusan cosa avesse nella scatola che portava sulle spalle e Tokusan rispose: “Ci conservo il sutra più prezioso che esista, è chiamato il Sutra del Diamante”. “Proprio così!” disse la vecchia “e allora ho una domanda da farti. Se riesci a rispondere alla mia domanda, ti darò uno spuntino. Se invece non riuscirai a darmi una risposta soddisfacente, mi spiace, ma dovrai farne a meno”. Tokusan era uno studioso sicuro di sé e orgoglioso: “Va bene. Fammi pure qualsiasi domanda”. E così la donna disse: “Nel Sutra del Diamante è scritto che la mente passata è irraggiungibile; la mente presente è irraggiungibile e la mente futura è irraggiungibile” e continuò, “mi dici che stai andando a ‘illuminare la mente’, quale mente, allora, hai intenzione di illuminare?”. Tokusan non riuscì a rispondere alla domanda della vecchia. Fu costretto ad ammettere la sua incapacità a fornire una risposta e su suggerimento della vecchia donna della sala da tè decise di studiare lo Zen con il maestro Ryotan. Qualche tempo dopo il maestro Ryotan e Tokusan stavano passando la serata insieme. Ryotan gli disse: “Si sta facendo buio. Faresti meglio a tornare a casa tua”. Tokusan augurò la buonanotte al maestro e uscì. Pochi istanti dopo ritornò dentro dal maestro dicendo: “È così buio fuori!”. Ryotan accese una candela da dargli, ma appena Tokusan tese la mano e stava per prenderla Ryotan soffiò forte sulla fiamma e la spense. In quel preciso momento Tokusan si illuminò e fece un inchino al maestro. 3

Akarmo

TESTI DI OSHO TRATTI DA:

Dieci storie Zen, Ed. Mediteranee
e 3. This, This, A Thousand Times This: ThVery Essence of Zen #10 e #9

I miei giorni di luce con Osho: Prefazione

Libro di Prem Shunyo
Prefazione di Dr. Lawrence Blair

Mi sembra giusto che sia io a scrivere l’introduzione al libro di Shunyo, visto che sono stato io, come lei racconta, ad accompagnarla all’inizio della sua avventura e a salutarla mentre saliva sull’aereo per l’India, diciassette anni fa. Poi, lei divenne intima discepola del guru indiano Bhagwan Shree Rajneesh, oggi conosciuto col nome di Osho (Maestro Zen), nome che i suoi discepoli gli diedero poco prima che morisse, nel gennaio del 1990. Leggi tutto

I miei giorni di luce con Osho: Prologo

Libro di Prem Shunyo

Un taglialegna si recava ogni giorno nella foresta. A volte non riusciva a trovare di che sfamarsi perché pioveva, altre volte perché faceva troppo caldo e altre volte ancora perché faceva troppo freddo. Nella foresta viveva un mistico.

Aveva osservato il taglialegna lavorare sodo tutto il giorno per anni e lo vedeva diventare vecchio, malato, ridursi alla fame, e gli disse:

“Ascolta, perché non ti inoltri un po’ di più nella foresta?”.

Il taglialegna rispose: “Cosa ci vado a fare, c’è forse più legna? E anche se fosse così, poi dovrei trasportarla per chilometri!”.Leggi tutto

I miei giorni di luce con Osho: Capitolo Primo

Libro di Prem Shunyo

“Sono qui”

“Vorresti dirmi qualcosa?”.

Una voce dentro di me sta gridando: “Sono qui! Sono qui!”, ma non riesco a parlare, sono paralizzata. E poi, quegli occhi… Quando il Maestro guarda il discepolo dritto negli occhi, e guarda e guarda… ne vede l’intera storia: passato, presente e futuro. Per il Maestro il discepolo è trasparente: è in grado di riconoscere il Buddha non ancora realizzato che esiste in ogni essere umano. Non posso far altro che starmene lì seduta e lasciarmi pervadere dalla sua presenza, perché quello è l’unico modo per scoprire il diamante interiore. Ho paura che possa vedere delle cose, nel mio inconscio, che preferirei tenere nascoste, ma mi sta guardando con tale amore che l’unica risposta possibile è dire sì. A volte il suo sguardo non lascia traccia nella memoria, solo una sensazione estatica, un’esplosione di energia che mi fa scoppiare di gioia. Questo è stato il mio primo incontro con Osho, il Maestro.Leggi tutto

I miei giorni di luce con Osho: Capitolo Secondo

Libro di Prem Shunyo

Oscurità Luminosa

L’India mi accolse nel suo abbraccio materno. D’acchitto mi ritrovai a Pune, la città in cui Osho viveva. Ma dopo la prima notte passata in un albergo indiano, decisi di abbandonare la ricerca della Verità. Dall’esterno, l’hotel mi era sembrato buono e io ero molto stanca e scossa dalla mia prima esperienza in un aeroporto e una stazione ferroviaria indiani. La stazione era praticamente un campo profughi, con intere famiglie che dormivano sulle banchine sopra dei miseri fagotti che contenevano tutti i loro averi, e che venivano letteralmente calpestate dai viaggiatori frettolosi. Storpi e affamati mi chiedevano l’elemosina e mi fissavano quasi volessero mangiarmi. Facchini e tassisti urlavano l’uno contro l’altro e si contendevano i clienti persino a suon di pugni. Centinaia di persone dappertutto: una vera esplosione demografica! Leggi tutto

I miei giorni di luce con Osho: Capitolo Terzo

Libro di Prem Shunyo

L’ amore arriva senza volto

Alla casa di Osho è stato dato il nome ‘Lao Tzu’, e un tempo apparteneva a un Maharaja.

Fu scelta perché sovrastata da un gigantesco mandorlo che cambia colore come un camaleonte, dal rosso all’arancione, dal giallo al verde. Le sue stagioni mutano ogni poche settimane, eppure non l’ho mai visto con i rami spogli; cade una foglia e un’altra foglia verde e lucida ne prende subito il posto. Sotto il suo fogliame c’è una piccola cascata, creata da un italiano pazzo che non ha mai più fatto ritorno a Pune. Nel corso degli anni, il tocco magico di Osho ha trasformato il giardino in una giungla: ci sono boschetti di bambù, stagni con i cigni, una cascata in marmo bianco che di notte si illumina di blu riversandosi in piccoli laghetti che risplendono di luci dorate.Leggi tutto

I miei giorni di luce con Osho: Capitolo Quarto

Libro di Prem Shunyo

Energy Darshans

Osho si è illuminato il 21 marzo del 1953.

Da quel giorno, ha cominciato a cercare persone in grado di capirlo, persone alla ricerca della propria illuminazione. E in tanti anni, ha aiutato centinaia di migliaia di individui lungo il cammino dell’autorealizzazione. L’ho sentito dire: “Per l’uomo la ricerca della verità continua per molte vite. Si raggiunge dopo molte nascite e coloro che la cercano pensano che una volta raggiunta proveranno un gran sollievo. Ma chi riesce a trovarla, si accorge che il suo successo è l’inizio di un nuovo travaglio, privo di qualsiasi sollievo. La verità, una volta trovata, creerà nuovo lavoro.” (da In search of the Miraculous)Leggi tutto

I miei giorni di luce con Osho: Capitolo Quinto

Libro di Prem Shunyo

Stati Uniti: il castello.

1 giugno 1981, New York.

Osho lasciò l’India con venti discepoli. I suoi sannyasin, con le mani congiunte sul cuore in segno di saluto, formarono una lunga fila lungo tutto il viale che attraversava l’Ashram e che la Mercedes su cui viaggiava avrebbe dovuto percorrere. Era toccante vedere tutte quelle figure, vestite dei colori arancio più sfumati, strette le une alle altre, salutare con le mani congiunte sul cuore, nel classico namasté, quel semplice essere umano. Con lui viaggiavano Vivek e il suo medico personale, Devaraj. Vivek, con quell’aspetto di bambina fragile che talvolta camuffava una gran forza di carattere e un’incredibile capacità di prendere in mano qualunque situazione, e Devaraj, alto, elegante, con i capelli brizzolati, formavano una coppia molto interessante. Io partii un’ora dopo con l’intima sensazione che la Comune in cui avevo vissuto così intensamente per tanti anni, stesse morendo, e in un certo senso era vero, perché non sarebbe più stata la stessa. Come avrebbe potuto? La Comune era stata un unico campo d’energia, un corpo solo, eravamo così uniti nelle nostre meditazioni e negli energy darshan… e ora mi rattristava sapere che ci saremmo sparsi per il mondo e che la mia vita non si sarebbe più mossa in quello scenario magico, fatto di beate meditazioni, di lunghe tuniche svolazzanti, inconsapevoli e incuranti di quello che succedeva nel resto del mondo. Il diamante del mio mondo interiore stava per essere tagliato, e quel taglio sapeva di intervento chirurgico.Leggi tutto

I miei giorni di luce con Osho: Capitolo Sesto

Libro di Prem Shunyo

Rajneeshpuram: un’oasi nel deserto.

Era una nazione a sé, libera dal sogno americano. Forse fu per questo che i politici americani le dichiararono guerra.” (Osho)

Di nuovo eravamo in viaggio. Volammo attraverso l’America, io, Asheesh, Arpita e Gayan. Asheesh è un mago del legno. Ma non è soltanto un falegname bravissimo,costruisce anche le poltrone di Osho e sa riparare le tante cose che in casa spesso si rompono inaspettatamente. Quando c’è qualcosa da riparare o da inventare si sente sempre gridare: “Asheesh, Asheesh, dov’è Asheesh?” Ha un modo stupendo di parlare con le mani, perché è italiano. Arpita ha sempre fatto le scarpe di Osho; è molto eccentrica, dipinge quadri Zen e ha una personalità estrosa che ha espresso in quegli anni,aiutando a creare i vestiti di Osho.Leggi tutto